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MMA PSICOLOGIA DELLA COMPETIZIONE (PRIMA PARTE)

L’AMBIENTE, IL SALUTO, IL COACH, L’ARBITRO ED IL TEMPERAMENTO DELL’ATLETA SONO TUTTI ASPETTI DA VALUTARE

Del gran numero di praticanti dediti all’agonismo, solo una minoranza selezionata riesce a raggiungere le vette dell’alta competizione.

La perseveranza nell’allenamento, lo spirito di rinuncia e di sacrificio, insieme ad alcune doti fisiche e psicologiche, sono indispensabili per uscire dal livello medio e per inserirsi nel gruppo ristretto dei rappresentanti della squadra nazionale di un paese. È evidente che il raggiungimento di questo livello massimo implica, in qualsiasi specialità sportiva, notevoli difficoltà; tuttavia l’impegno e i mezzi profusi in questo sforzo e le ricompense ottenute, saranno molto diversi a seconda dello sport praticato e dal paese in cui si pratica.

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La struttura e l’assistenza sono la base necessaria per poter raggiungere un livello competitivo altamente qualificato a livello mondiale. Vogliamo fare alcune considerazioni su una serie di aspetti specifici del mondo che ruota attorno ai praticanti di alta competizione e soprattutto nell’area che concerne le arti marziali, in particolare degli sport di combattimento (MMA, K1, kick boxing, savate ecc…).


L’AMBIENTE

Il luogo dove si disputa una prova infulenza in maggior o minor misura l’agonista e generalmente in modo inversamente proporzionale alla sua anzianità ed esperienza.

La capacità di ambientarsi facilmente o isolarsi da quanto ci sta intorno giocherà un ruolo importante sul rendimento.

Le realzioni del competitore di fronte ad un pubblico ostile o troppo favorevole possono frenarlo o caricarlo di eccessiva responsabilità, producendo a volte risposte contraddittorie, in funzione delle particolari idiosincrasie dei soggetti. Cercare di controllare le risposte negative, in un senso o nell’altro, sarà lavoro dello psicologo o sofrologo della squadra che agirà sulla formazione del rapporto psicologico con il fattore ambiente, con il fine di ottenere che qualunque sia il suo aspetto ne possa derivare una spinta positiva.


IL GESTO DI INIZIO E IL SALUTO
Caratteristica quasi esclusiva delle arti marziali (il saluto) e degli sport da combattimento, è un gesto rituale che si compie innumerevoli volte, cioè ogni qual volta che inizia la competizione; è con esso che l’atleta esprime il suo rispetto per l’avversario e per le regole della gara, per i giudici e le loro decisioni. Questo incontro dei pugni in segno di saluto, (oppure l’inclinazione della testa nelle gare di karate o sanda) non è solo un immagine estetica di nobile bellezza, ma vuole anche essere una dimostrazione dell’etica di comportamento sportivo che negli sport da combattimento ha una particolare importanza, sintetizzando in qualche modo la filosofia dell’autentico avversario, dell’avversario corretto.

Il saluto di inizio e l’abbraccio di fine combattimento sono il segno di appartenenza alle più nobili attività sportive che l’uomo abbia mai creato.

L’ALLENATORE O COACH


La sua controversa e a volte poco compresa missione, può rappresentare molto o poco in una gara di MMA.

La confidenza assoluta fra l’agonista e il suo “secondo” avrà un ruolo decisivo nel combattimento, durante il quale diventano due menti fuse in una sola, due volontà dirette ad un obiettivo comune.

La capacità di ascolto che il competitore ha verso il coach, potrà dargli più o meno vantaggio rispetto al proprio avversario. D’altra parte, l’autentico e valido coach non solo consiglia e dirige l’azione, ma si immedesima con il protagonista, col vantaggio di una visione più completa del combattimento e quindi la possibilità di fornire suggerimenti validi (in gergo si dice “fare l’angolo”).

La profonda conoscenza che dovrà avere dei suoi atleti, delle loro capacità, risposte e limiti, deve essere completata con i dati raccolti scrupolosamente dai tecnici della propria rappresentativa. Tutto questo, insieme alla sua esperienza e ad una effettiva conoscenza dell’avversario, saranno elementi vantaggiosi per il suo agonista. Al contrario, questi fattori potrebbero venire sprecati se, combattimento dopo combattimento, il coach si carica di tensione con conseguente perdita di obiettività, nel qual caso la sua direzione potrebbe influire negativamente, dando luogo a quel fenomeno chiamato “combattimento perso in panchina”. La sua influenza quindi risulta decisiva nei momenti cruciali.


Buon allenamento con ABC

FINE PRIMA PARTE

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