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Il Taekwondo Per lo Sviluppo Psicofisico ed Educativo dei Bambini

La pratica del Taekwondo favorisce lo sviluppo psicofisico ed educativo che permette ad un bambino di diventare più autonomo e consapevole delle proprie capacità, di rispettare le regole, di mettersi in gioco singolarmente e di fare squadra con gli altri.

Tutto questo, naturalmente, sempre che il ragazzo possa vivere serenamente la propria esperienza ed esprimersi con spontaneità e creatività.

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Comportamento dei genitori

Durante o dopo le gare, spesso, si sentono commenti di genitori che esortano i propri figli a fare meglio degli altri o a vincere a tutti i costi.
Uno stile educativo improntato su una cultura basata sulla vittoria o dell’essere campione ad ogni costo, tutto questo in un’età in cui il bambino ha il diritto e il bisogno, non solo di giocare, ma di muoversi e divertirsi al di là di ogni aspettativa.

Il modello del campione

Il modello del campione ad ogni costo è controproducente se solo pensiamo che il bambino non è un adulto “in formato bonsai”, infatti responsabilità e pressioni eccessive, un agonismo esasperato fin da piccoli possono, a lungo andare, nuocergli.

È fondamentale per un genitore valorizzare le doti ed il potenziale dei figli, come pure, anche se spesso fatto in modo involontario, evitare di trasmettere la propria ansia al figlio, quando gli si raccomanda ad esempio di non agitarsi o di non avere paura.

I genitori dovrebbero aver ben chiaro in mente quali sono le proprie motivazioni che non possono e non devono per forza corrispondere al desiderio del proprio figlio, non a caso, quest’ultimo, non può essere un mezzo per soddisfare la propria ambizione.

L’esempio del genitore, il modo di reagire a vittorie e sconfitte, rappresenta per il bambino un modello positivo o negativo all’autocontrollo, della gestione della frustrazione e all’etica sportiva.

Il bambino/atleta, sul quadrato di gara, deve avere la possibilità di esprimersi liberamente, spontaneamente e di sbagliare e fallire un risultato. Il fallimento stesso fa parte del successo, che magari non sarà immediato, ma fa parte di un processo di apprendimento, necessario, se si vuole imparare qualcosa di nuovo; sicuramente è la lezione più difficile da metabolizzare ma che dà un forte slancio verso la giusta crescita.

Considerando infatti la sconfitta come parte del percorso vuol dire seminare nella personalità e nell’educazione del bambino la sicurezza che gli consentirà di avere il coraggio di provare e riprovare per esprimere al meglio le proprie potenzialità.

Affinché un bambino possa credere in sé, è importante che le figure affettive di riferimenti credano in lui.

Lo sport giovanile è un’età feconda per l’apprendimento, caratterizzata da fantasia, passione, creatività ed entusiasmo. Il messaggio che dovrebbe passare forte e chiaro al giovane sportivo è che non ha importanza il risultato, ma ciò che conta è che si diverta e che cerchi di fare del proprio meglio.

Ciò che un genitore attento può fare per il figlio è mostrare fiducia, offrire sostegno, dare segni di gioia per l’impegno, per i miglioramenti, tutto questo soprattutto nel post gara, perché ricorda, che la sconfitta peggiore per un bambino è la delusione che può leggere nello sguardo dei suoi stessi genitori.

Un bambino non va mai paragonato ad altri atleti o a bambini di un’altra squadra; non va mai spronato a vincere a tutti i costi, ma a dare il meglio di sé esprimendo le proprie potenzialità e a divertirsi, senza essere obbligato a diventare un campione e senza privarlo mai della possibilità di sognare. Una buona autostima viene alimentata dalla sicurezza di essere amato indipendentemente da quello che si sa o si fa.

Maestro Claudia Sirignano, pluricampionessa mondiale di taekwondo

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