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Weightlifting e Crossfit

Da qualche anno mi interesso di Crossfit e non posso nascondere che questa disciplina mi affascina seriamente. La definizione originale di Crossfit è : “costantly varied, functional movement executed at high intensity”. Tra i movimenti funzionali citati, una componente molto rappresentata è quella delle alzate olimpiche (che io considero veramente molto funzionali).

La cosa che inizialmente mi lasciò più perplesso, studiando i WOD più rinomati e più in voga, era il “paradosso metabolico” nell’utilizzo delle OL.

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Una tipologia di esercitazione considerata l’emblema della forza esplosiva, veniva inserita nei workout con un numero di ripetizioni elevatissimo, soprattutto in relazione alla consistenza dei carichi minimi impostati nei workout stessi.

Vi assicuro che effettuare 30 clean & jerk di seguito, a 61 e rotti kg (wod Grace), per un soggetto di magari poco più che 70 kg, corrisponde, dal punto di vista metabolico, allo stesso impegno di una ripetuta in salita di 600 mt al 15% con traino, paracadutino e suocera attaccata ai maroni. Devastante.

Da provare…dopo 15 avrete dei miraggi, dopo 20 non riconoscerete i parenti stretti, a 25 tirate giù tutto il calendario a memoria attribuendo ad ogni Santo improperi che noi umani non oseremmo neanche immaginare.

Alla trentesima ripetizione riusciranno a schiodarvi dal pavimento solo con la solenne promessa che Megan Fox vi sta aspettando in macchina, nuda. Se volete una dimostrazione scientifica di quello che vi dico, basta effettuare il workout monitorando la FC con un semplicissimo cardiofrequenzimetro. Vedrete che, dopo qualche ripetizione, il cuore raggiungerà delle frequenze ben più alte del “fuorisoglia”.

In questi termini, la prestazione, sarà condizionata da limiti metabolici, appunto, e di conseguenza tecnici. A questo punto è necessaria una considerazione: le Alzate Olimpiche sono considerate, nell’ambito delle discipline sportive, lo sforzo neurale per eccellenza. Lo stimolo legato prettamente alla “forza nervosa”, come lo definiscono i vecchi maestri di questo sport.

Ora, è risaputo che le attività ad alto reclutamento neurale, elevata esigenza coordinativa e elevata richiesta di destrezza, male si associano ad una buona esecuzione se immerse e impregnate da inquinamenti metabolici, dalle sostanze tossiche provenienti dallo sforzo prolungato.

Come faccio, allora a fare conciliare le 2 cose? Con l’acquisizione di una tecnica di esecuzione perfetta, ergonomica, edonistica, semplice…in una parola, nella ricerca maniacale di una tecnica esecutiva il più possibile efficace e il meno possibile dispendiosa.

Quale può essere, a questo punto, la strategia migliore per ottenere ergonomicità nella tecnica esecutiva? Personalmente ritengo che il metodo più efficace sia quello di “pulire le linee”.

Chi, come me, si occupa di Weightlifting, impara sul campo, oltre che sui testi, che il gesto migliore è quello che permette al bilanciere di compiere meno strada possibile sia nella salita verso l’alto, precedente l’incastro, che nelle oscillazioni e nelle transazioni assiali. Detto in parole povere, meno strada compie il bilanciere, meno energie dovrò impiegare nell’alzata e soprattutto nelle correzioni vettoriali legate al gesto tecnico.

Premettendo che considero le alzate olimpiche l’esaltazione artistica di un gesto agonistico, e che, dal punto di vista della pura scienza motoria, prima che biomeccanica, ricoprano, per me, un ruolo inattaccabile nell’ambito del panorama degli sport di forza, ritengo che dal punto di vista tecnico possano essere fatte alcune distinzioni.

Possano essere portati alla luce diversi modelli di pensiero.

Se ho di fronte un atleta evoluto, dal punto di vista sia motorio che prestazionale, impegnato in una singola alzata massimale, posso mettere in campo tutte quella strategie neuromeccaniche che mi permettono di accelerare il bilanciere nell’espressione massima e quindi esaltare quelle fasi di catapulta e frustrata che potete notare in molti atleti di livello internazionale (ma non in tutti).

Quelle fasi che i nostri amici americani sintetizzano nella superman pull e nell’ hit & catch..etc etc. Se, invece, mi trovo di fronte ad un atleta neofita, o che si approccia alle OL in età avanzata ( e quindi con degli schemi motori non più così plastici), e che addirittura sarà costretto a compiere le alzate in una situazione metabolica inquinata dall’affaticamento, per la mia esperienza, ritengo sia molto più produttivo semplificare al massimo la tecnica di esecuzione, privilegiando la pulizia delle linee ed eliminando il più possibile i reclutamenti legati alla conduzione e alla correzione delle deviazioni vettoriali del bilanciere, assimilabili, molto spesso, alle variazioni marcate di velocità durante l’esecuzione delle alzate.

La tecnica più produttiva secondo me, soprattutto quando il n° di ripetizioni a un dato carico diviene elevato, è quella più semplice, naturale, cerebellare…bilanciere addosso, uno stacco compatto, una bella tirata in triplice estensione, e giù nella buca ruotando sotto il bilanciere il più possibile rilassati, decontratti, per trovarsi in una posizione comoda e non scomposta o ancora peggio forzata, in modo da concludere la risalita nella maniera più composta ed ergonomica possibile.

Ritengo che per i crossfitter sia essenziale abbandonare tutti gli orpelli e i ricami tecnici, bellissimi, efficacissimi e apprezzabilissimi, non lo nego, che però, in condizioni di fatica, si traducono (provate per credere) in un rappresentazione parossistica del weightlifter sull’orlo di una crisi etilica.

Quando si lavora in condizioni di affaticamento (e questo vale per tutte le discipline molto tecniche), la prima cosa che va in crisi è la ritmica, il timing dell’esecuzione.

In questo senso, un’esecuzione il più semplice e naturale possibile, sfruttando degli schemi motori basali e automatizzati al meglio, conduce ad una ergonomia finale del gesto ben più produttiva. Senza sacrificare l’efficienza delle alzate verso i valori massimali.

Qui, però, si apre un capitolo a parte. Considero molto importante, dal punto di vista dell’insegnamento, che gli allenatori si soffermino sulla proposta di “SENSAZIONI” e la ricerca di “SOLUZIONI”, piuttosto che, come vedo fare troppo spesso, sulla costante proiezione di “POSIZIONI” definite, che non fanno altro che legare l’atleta in una camicia di forza motoria, evidentissima in tutte quelle rappresentazioni “macchinose” e poco fluide degli slanci e degli strappi che circolano nei video delle gare.

Perchè, come gli allenatori di esperienza sanno bene, le magagne vengono sempre fuori in condizioni di stress, mica quando faccio le imitative con la barra da pump (vuota, 2 kg)…per vedere tutte quelle belle statuine che con il bastoncino fanno delle splendide imitative, con tanto di balzi, accellerazioni tuffi e carpiati, ma che quando poi gli mettete in mano un bilanciere con l’80% del loro peso, cadono inevitabilmente in crisi mistica.

Un ultima cosa, di colore, più che scientifica (considerando presuntuosamente che io abbia parlato fino adesso di scienza motoria)…Recentemente sono stato chiamato a portare la mia esperienza delle alzate olimpiche all’interno di gruppi di CrossFit, sono stato invitato nei “box”.

Vi ho trovato tonnellate di “motivazione”, quintalate di talenti neuromotori, che, se seguiti bene, nei periodi (lunghi) di quiescenza dalle loro gare, potrebbero tranquillamente riempire la loro stagione agonistica effettuando delle belle gare di WL e di Ghiri Sport, senza sfigurare, ma anzi, nonostante la loro “non” specializzazione, rischiando di vincere.

Il vero bacino d’utenza per le federazioni della ghisa tradizionali, sono proprio queste nuove realtà del fitness, in piena evoluzione…”

Che dire?

Potrrei confermare tutto quello che ho scritto, rileggendolo con il sorriso di chi ci aveva abbastanza preso, nelle premonizioni.

Ma è giusto fare alcune considerazioni.

La prima è legata al fatto che la stagione dei CrossFitter è diventata molto intensa.

Altro che “lunghi periodi di queiscenza”; ormai ogni mese ci sono manifestazioni legate al CrossFit, se non comunque e a gare improntate su esercitazioni funzionali ad alta intensità metabolica, tanto da rendere la stagione agonistica veramente variegata e ricca di appuntamenti di tutti i livelli.

Nonostante questo, con mia somma gioia, ho visto CrossFitters cimentarsi in gare ufficiali di Weightlifing, ottenendo dei risultati, se non eccezionali, comunque degni di nota. Io per primo sono stato fautore di un gran numero di affiliazioni di Box di CrossFit verso la Federazione ufficiale di Pesistica.

Come di un gran numero di atleti che poi sono divenuti, con mio grande orgoglio e soddisfazione, tecnici della FIPE stessa. E questo è stato un grande traguardo, considerando che le due parti in questione, all’inizio, si guardavano con una certa diffidenza.

A livelli mondiali assoluti, vi sono, poi, almeno una decina di atleti che portano in pedana risultati degni di una finale Nazionale di Sollevamento Pesi Olimpico.

Ma proprio su questo volevo soffermarmi, ritornando in qualche modo sui miei passi.

Ho osservato una vera e propria differenziazione, marcata, rispetto agli albori. Da una parte un WL il più possibile semplificato, e il più possibile economico dal punto di vista metabolico, applicato in seno ai wod. Dall’altra Un WL praticamente specialistico, mirato ad una vera e propria ricerca del massimale assoluto, della “perfect onerepmax”.

In quanto sempre più presenti, nelle gare, esercitazioni a ladder che attribuiscono punteggi in funzione del carico massimale eseguito o comunque raggiunto.

Come allo stesso modo è possibile apprezzare frequntemente dei workout agonistici sotto forma di “complex”, dove si crea una combinazione di gesti di WL in sequenza tale da necessitare di un controllo tecnico e vestibolare di livello assoluto e specialistico, per poter primeggiare.

Se questa situazione da una parte ha portato sicuramente una ulteriore complicazione tecnica (pari a quella derivante dall’utilizzo di un Gymastic sempre più complesso ed evoluto), da un’altra ha reso sempre più importante l’intervento di specialisti delle discipline Olimpiche, tanto da notare un fiorire di collaborazioni trasversali allora inimmaginabile.

Io, che purista non sono, nel senso che la mia estrazione tecnica è legata alla Preparazione Atletica, e quindi all’applicazione di Un Weigthlifting il più possibile “digeribile”, ho potuto apprezzare quanto poi sia diventato importante proprio il purismo tecnico.

In questo senso faccio, però, una dovuta precisazione. Dal punto di vista didattico, occorre sempre sapersi regolare in funzione del soggetto che ci si trova ad allenare. E su questo rimango sulla mia linea.

Le proposte didattiche fatte ad un atleta adolescente avvranno dei connotati diversi rispetto a quelle fatte su un atleta che si avvicinerà al WL in età matura. In questo secondo caso è fondamentare mantenere il livello della proposta su canoni e parametri facilmente assimilabili.

Pena il fatto di trovarsi di fronte soggetti in totale stallo motorio per aver ricevuto input tecnici difficilmente compatibili con patrimoni motori orma poco elastici o magari inquinati da altre dicipline.

Soggetti che salgono velocemente di prestazione per poi però stallarsi in una confuzione tecnica irrisolvibile, che ne limita i risultati potenziali.

In poche parole, le proposte semplici e poco ricamate, per la mia esperienza, danno i risultati migliori.

La somministazione delle soluzioni tecniche deve essere il più possibile immediata e facilmente comprensibile.

Allenare un soggetto maturo è veramente più complesso. Occorre sapersi spogliare della “scaletta canonica”, saper analizzare il modello soggettivo di espressione motoria e avere la pazienza ( e l’arguzia), di cucire addosso al soggetto un wl il più possibile “su misura” e non standardizzato.

Ed in questo senso, ho dovuto anche riconoscere e sperimentare una vera e propria sublimazione dell’importanza della programmazione della forza specifica in ambito della strutturazione dei programmi di allenamento dei CrossFitter agonisti.

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