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Vantaggi e svantaggi della cottura dei cibi

Nell’ultimo decennio c’è stata una vera rivoluzione nel nostro modo di mangiare, complice anche l’avvento delle cucine esotiche, che hanno lanciato delle vere e proprie “mode del mangiare”.

Spesso perciò ci troviamo a mangiare cose diverse dal solito, ma anche a consumare i cibi con cotture differenti o addirittura crudi, come nel caso specifico del Sashimi giapponese (in pratica il pesce crudo), variando un po’ il nostro abituale modo di nutrirci.

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C’è da dire, comunque, che nonostante la nostra cucina sia giudicata come una delle più sane al mondo, nel nostro tradizionale modo di alimentarci probabilmente cuociamo troppo spesso i cibi, lasciando poco spazio a quelli crudi.

Un bene o un male?

CUOCERE È BENE….

La cottura degli alimenti è tipica dell’alimentazione umana e ha permesso all’uomo l’utilizzazione di cibi difficilmente commestibili da crudi, ed è un ottimo metodo di prevenzione di malattie in quanto comporta l’eliminazione e l’inattivazione della maggior parte dei microrganismi dannosi.

Rende inoltre più digeribili alcuni tipi di cibi: i cereali e i legumi presentano degli idrati di carbonio complessi come l’amido che, di lunga digestione allo stato crudo, diventa più rapidamente assimilabile in seguito alla parziale demolizione della catena glucidica operata dalla temperatura elevata.

L’albume dell’uovo con la cottura vede la neutralizzazione dell‘antitripsina e dell’avidina, quest’ultima inassimilabile se ingerita cruda.

Inoltre alla cottura degli alimenti è legata tutta una serie di motivazioni psicologiche correlate al significato dell’alimentarsi, all’estetica, ai profumi, al gusto, alla preparzione dei cibi, che non possono essere in alcun modo sottovalutate.

Ma la problematica non nasce tanto dal fatto che alcuni alimenti li preferiamo cotti, quanto alla preponderanza assoluta dei cibi cotti sui crudi, infatti, in un pasto abituale gli alimenti freschi occupano l’ultimo posto e sempre in qualità di contorni o di un frutto a fine pasto.

E UN “MALE”….

La cottura presenta innanzitutto lo svantaggio di apportare modificazioni chimiche e fisiche che diminuiscono in modo notevole il valore nutritivo degli alimenti.

Infatti essa distrugge buona parte delle vitamine e degli enzimi necessari alla digestione e all’assimilazione dei cibi.

Le vitamine termolabili sono le prime ad essere eliminate: la C, la A, la B1 e la D.

La vitamina C è distrutta a 60°, gli enzimi a 50 – 60°, i sali minerali precipitano nell’acqua di cottura a 100° e sono meno utilizzabili dall’organismo perché meno digeribili.

Ma la perdita delle vitamine per gli ortaggi e la frutta fresca non si attua solo ad opera della cottura ma comincia già dopo la raccolta con il processo di ossidazione, cioè con l’esposizione all’aria e alla luce, prosegue con l’immagazzinamento, con gli spostamenti nei vari mercati, fino ad arrivare al magazzino del consumatore e quindi alla pentola.

Tutti questi passaggi implicano perdite notevoli e in alcuni casi i cibi, una volta arrivati sulle nostre tavole, hanno subìto la quasi totale perdita degli elementi vitaminici.

Proprio in ragione di queste considerazioni è necessario includere nella nostra alimentazione una percentuale variabile dal 40 al 60% di alimenti freschi e crudi per avere così un quantitativo di sostanze vitali quali enzimi, auxoni, oligoelementi oltre alle vitamine, utili in tutti i processi biologici, compresi i fenomeni di difesa e di riparazione dell’organismo, primo presidio preventivo nei confronti dello squilibrio organico e quindi della malattia.

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