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I problemi di una vita sedentaria

Medici, ricercatori e tutti coloro che, in generale, si occupano di problemi attinenti alla salute pongono sempre maggiore attenzione al fenomeno della ridotta attività fisica in riferimento all’acquisizione di stili di vita sedentari, tipici di tutte le fasce d’età nei Paesi industrializzati.

Numerosi studi hanno messo in luce, infatti, i potenziali effetti negativi della mancanza di movimento sia nell’immediato (ad esempio la scarsa capacità di eseguire un esercizio fisico sostenuto) che nel lungo periodo (ad esempio le alterazioni funzionali a carico dell’apparato locomotore, cardiocircolatorio, respiratorio e metabolico).

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Nell’età evolutiva, poi, durante la quale all’esigenza di mantenere un buono stato di salute si aggiunge anche quella di favorire uno sviluppo fisiologico ottimale, un’attività fisica scarsa o irregolare può comportare effetti molto negativi. I danni prodotti da un’eccessiva sedentarietà furono sottolineati fin dagli inizi degli anni ’60 da due ricercatori (Kraus e Raab), i quali rilevarono come la mancanza di movimento fosse in grado di indurre una serie di sfavorevoli modificazioni anatomico-funzionali dovute a un’eccessiva limitazione nell’uso delle strutture coporee.

Questa condizione venne definita “sindrome ipocinetica” in relazione ai diversi quadri clinici che la caratterizzano, definiti “paramorfismi” (modificazioni della normalità degli organi e delle funzioni). I paramorfismi più noti, tipici dell’età evolutiva (ipercifosi dorsale, iperlordosi lombare, atteggiamento scoliotico, ecc.) dipendono, generalmente, da una scarsa capacità di controllo neuromuscolare e da una ridotta funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico caratterizzata da scarzo livello di forza e resistenza muscolare.

 Per i soggetti sedentari si possono riconoscere anche:

  • PARAMORFISMI DEGLI APPARATI CARDIOCIRCOLATORIO E RESPIRATORIO: tali sistemi riducono con la sedentarietà la capacità di adattamento allo sforzo. Generalmente, nell’apparato cardiocircolatorio si riscontrano un aumento della frequenza cardiaca a riposo, una ridotta gittata sistolica (volume di sangue espulso a ogni contrazione ventricolare), una circolazione periferica e una pressione arteriosa inadeguate anche a sostenere un esercizio fisico non particolarmente gravoso; nell’apparato respiratorio si notano volumi polmonari ridotti e un aumento della frequenza degli atti respiratori (tachipnea da esercizio). È evidente come la scarsa efficienza dei due sistemi, cardiocicolatorio e respiratorio, sia in grado di limitare la potenza aerobica e quindi di ridurre la capacità di eseguire un’attività fisica per un lungo periodo;
  • PARAMORFISMI METABOLICI: ad esempio l’alterazione del metabolismo lipidico (aumento del colesterolo LDL, la frazione più dannosa per l’organismo, del colesterolo totale e dei trigliceridi) e glicidico (ridotta capacità di utilizzare il glucosio), uno sfavorevole rapporto peso/statura e un alterato rapporto massa grassa/massa magra (sovrappeso e/o obesità).
  • PARAMORFISMI PSICOLOGICI: ad esempio l’instabilità emotiva, gli stati di ansia e di depressione, ecc.

La consapevolezza dell’estensione del fenomeno della ridotta attività fisica e dei danni associati a questa scorretta abitudine di vita ha portato nel tempo, come naturale conseguenza, a una crescente diffusione della pratica sportiva, sia in età evolutiva che in età adulta.

Questa tendenza ha prodotto ottimi risultati in termini di miglioramento dello stato di salute e di prevenzione delle patologie cronico-degenerative dell’età adulta (come l’obesità, il diabete, l’ipertensione e le malattie cardiovascolari), tuttavia tali condizioni morbose rappresentano ancora la principale causa di mortalità e di malattia. Occorre, pertanto, promuovere e diffondere il più possibile l’acquisizione di sane abitudini di vita pur nella consapevolezza che, oltre al livello di attività fisica praticata, lo stato di salute dipende anche da altri fattori molto importanti, come quelli genetici, nutrizionali, di igiene ambientale e psicologici.

Mantenersi attivi a tutte le età aumenta lo stato di benessere generale e migliora il livello di autosufficienza negli anziani favorendo l’acquisizione e il mantenimento di stili di vita più salutari.

Infatti, il concetto di “stato di buona salute” con il quale, un tempo, si intendeva generalmente una condizione di assenza di malattie, si è successivamenrte modificato in quello di “salute dinamica” che, oltre a significare l’assenza di malattie in atto o pregresse, vuol dire anche possedere una buona capacità di adattamento al lavoro fisico da parte di tutti gli organi e apparati del nostro organismo.

Quindi…… Buon allenamento da ABC

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