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Le Tradizioni Marziali Giapponesi

Nessun altro paese al mondo ha visto una proliferazione e uno sviluppo così alti delle arti marziali come il Giappone. Nei primi secoli del secondo  millennio, l’ardimento dei giapponesi in combattimento crebbe costantemente fino a raggiungere la sua punta massima circa seicento anni fa.

Dalla proibizione dell’uso delle armi in giappone  l’arte della guerra, il bujutsu si trasforma in una forma più “artistica” delle arti marziali, il budo, la via della guerra.

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In tutto questo periodo di sviluppo, il Giappone si trovò occasionalmente a combattere con la Cina. Ci sono prove sufficienti per affermare che in tutto questo lasso di tempo i giapponesi hanno potuto assimilare sia le tecniche sia le idee cinesi relative al combattimento. 

I giapponesi, però, hanno in molti casi modificato sostanzialmente, rielaborandolo, il contenuto tecnico delle arti apprese dai cinesi. A quei tempi, l’addestramento alle arti marziali aveva come unico scopo quello di conseguire la vittoria in battaglia, questo addestramento si chiamava bujutsu.

Si perfezionarono l’uso e le tecniche di fabbricazione di molte armi: dalle famose spade, alle alabarde, alle freccette. S’incominciarono a studiare anche le arti dello spionaggio, della fortificazione, della strategia e delle comunicazioni. Ancor oggi sono più di mille le scuole di bujutsu, che praticano con grande impegno e dedizione i principi che si sono tramandati nei secoli. 

Una volta raggiunta la pace sotto il governo di Tokugawa Shogunate, all’inizio del diciassettesimo secolo, la necessità di apprendere tecniche da usare in battaglia passò in secondo piano e i guerrieri giapponesi studiarono il modo d’integrare la loro conoscenza delle arti marziali con altri aspetti della loro cultura, in particolare con la tradizione religiosa.

Da questo movimento ebbe origine un approccio nuovo alle arti marziali che prese il nome di budo, ovvero “la via marziale”. Questo processo venne ulteriormente incoraggiato in seguito alla modernizzazzione della nazione operata dall’imperatore Meiji nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo. Oggi sono le via marziali, i budo, a dominare la scena giapponese e il resto del mondo.

Dopo il disarmo effettivo della classe guerriera, avvenuto intorno al 1870, i giapponesi hanno incominciato a rivolgersi in modo sempre più consistente alle discipline marziali a mano nuda. Il judo, sviluppato nel diciannovesimo secolo come via di morbidezza e flessibilità, ha raggiunto un successo che va molto oltre quello di via marziale, affermandosi addirittura come uno dei maggiori sport olimpici.

Le altre vie marziali comprendono il Kendo, la via della spada, l’Aikido, la via della divina armonia, il Kyu-do, la via del tiro con l’arco, lo Iai-do, la via di sguainare la spada, il Naginata-do, la via dell’alabarda  (nella foto sopra), lo Juden-do, la via della baionetta ed lo Shorinji kempo, la via giapponese del pugno del tempio di Shaolin.

Molto del Karate-do la via della mano nuda, oggi insegnato in Giappone e in tutto il mondo non è altro che una moderna disciplina giapponese, molto diversa dall’arte originaria di Okinawa. 

Negli ultimi sessant’anni, molte delle arti marziali segrete asiatiche, e tra esse quasi tutte le arti cinesi, alcune arti giapponesi e molte di quelle indonesione e filippine, sono uscite allo scoperto, consentendo un più ampio accesso di pubblico ai loro regimi d’addestramento e alle loro conoscenze.

Come sempre avviene, questo ha dato spazio anche ai ciarlatani; ciò non di meno molti veri maestri, che avevano sudiato diverse arti marziali, sono riusciti in alcuni casi a operarne una sintesi genuina, effettivamenere originale. L’Aikido, nato negli anni Venti del secolo scorso per opera di Ueshiba Morihei, è un bell’esempio di questo processo, che continua ancor oggi.

Alcuni maestri vedono in questo i segni premonitori della scomparsa delle loro arti, mentre altri ritengono che rappresenti proprio la loro migliore possibilità di sopravvivenza.

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