Sono due le discipline di atletica in cui il corpo viene portato alla maggiore altezza possibile da terra: il salto in alto e il salto con l’asta.
Non sono sport facili come potrebbe sembrare.
Gli atleti devono dapprima impiegare forza ed energia per spingere il proprio peso corporeo in aria sfidando la forza di gravità. Se pensiamo a un saltatore come a un proiettile di massa M lanciato in verticale verso l’alto a una velocità U, l’altezza h che si può raggiungere è data dalla formula U²=2gh, dove g è l’accelerazione di gravità.
L’energia cinetica del saltatore al momento dello stacco è 1/2 MU², che si trasformerà in energia potenziale MGH ottenuta dal saltatore alla massima altezza h. Mettendo i termini in un’equazione si ottiene U²=2gh. Il punto delicato è definire esattamente il valore di h.
Si tratta, infatti, non dell’altezza del saltatore, ma piuttosto dell’altezza a cui si solleva il suo baricentro, sicché è possibile che il corpo del saltatore superi l’asta anche se il baricentro si situa sotto di essa. Se un oggetto ha una forma curva, come una L, è possibile che il baricentro si trovi esterno rispetto al corpo.
Ed è questo che permette all’atleta di controllare il punto in cui si trova il baricentro e quale traiettoria seguirà durante il salto. Lo scopo di un saltatore è quello di sollevare il corpo al di sopra dell’asta, facendo passare il baricentro il più possibile sotto di essa. In questo modo utilizzerà al massimo l’enorme energia generata dallo stacco da terra per aumentare l’altezza massima raggiunta.
Lo stile base di salto in alto che si impara a scuola, detto “a forbice”, è ben lungi dall’essere ottimale.
Per scavalcare l’asticella, il baricentro, così come tutto il corpo, deve passare al di sopra di essa. In effetti, il baricentro probabilmente passa 30 centimetri al di sopra dell’altezza dell’asticella, una maniera alquanto inefficace di effettuare un buon salto in alto.
Le tecniche di salto in alto utilizzate dai grandi atleti sono molto più elaborate. Nella vecchia tencica detta “ventrale” (come nella foto sopra) il saltatore aveva il petto sempre rivolto verso l’asticella.
Era la tecnica preferita dai saltatori di livello mondiale fino al 1968, quando l’americano Dick Fosbury stupì tutti introducentdo una tecnica completamente nuova – lo “stacco Fosbury” – che prevedeva uno stacco all’indietro al di sopra dell’asticella. Con questa tecnica rivoluzionaria Fosbury vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. La tecnica di Fosbury era più facile da imparare rispetto a quella ventrale e ora è utilizzata da tutti i saltatori.
Maggiori sono le flessibilità del corpo e la curvatura della schiena rispetto all’asticella, più basso sarà il baricentro.
Il campione di salto in alto alle olimpiadi del 2004, lo svedese Stefan Holm, è relativamente basso (181 centimetri) rispetto alla media dei saltatori, ma è in grado di arcuare notevolmente il corpo, tanto che nel punto più alto del salto questo prende una vera e propria forma a U.
Riesce a “volare” al di sopra di un’asticella posta a 2,37 metri, mentre il baricentro rimane molto al di sotto di essa.
Buona lettura su ABC
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