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Juri Chechi

Jury Chechi, deve il suo nome di battesimo al famoso astronauta Yuri Gagarin, è stato il ginnasta di riferimento per la specialità degli anelli per oltre 10 anni. 

Ha vinto cinque titoli mondiali consecutivi sugli anelli (1993-1997), quattro titoli europei (1990-1996) e sei campionati italiani. Fisico roccioso di 162 centimetri per 60 kg di peso corporeo con braccia enormi. 

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Partì come favorito alle Olimpiadi di Barcellona, ma un brutto incidente al tendine d’Achille (strappato) poco prima dei Giochi gli impedì di prenderne parte. 

Ha avuto la sua rivincita nei giochi successivi ad Atlanta, diventando il primo italiano dopo 32 anni a vincere una medaglia d’oro nella ginnastica. 

Juri Chechi si ritirò, una prima volta, nel 1997, ma poi ritornò due anni più tardi per partecipare ai Giochi di Sydney in Australia. 

Un nuovo infortunio al bicipite gli impedì di essere competitivo nei primi anni del 2000, rientrò nel 2003 poco prima delle Olimpiadi di Atene dove vinse un’inaspettata medaglia di bronzo che vale come oro. 

A tal proposito disse le seguenti parole: 

“Ora basta, stavolta lascio sul serio, avevo però un conto in sospeso con le Olimpiadi dopo Barcellona e Sydney, ora sto’ a posto. Sono appagato, sereno. Non volevo fare la figura dell’atleta patetico che non sa stare lontano dalla palestra, che vive solo di quello. Era un azzardo, ma nella vita bisogna confrontarsi con i rischi e con le strade in salita. Ho deciso di tornare un anno fa, prima dei mondiali. Nella scelta ha influito anche la malattia di mio padre. Un giorno era sedato, stavo accanto a lui in ospedale. Gli ho detto: se guarisci io torno a gareggiare. Non è retorica, è la verità. È guarito. Glielo dovevo. Eccomi sul podio, dopo un anno infernale: il dolore al braccio che era insopportabile, i tanti acciacchi fisici per la mia età, l’impossibilità di reggere i carichi degli allenamenti di una volta. Ho passato tante ore ad allenarmi, calibrando tutto, cercando di non strafare, di non rompermi definitivamente. Mi sono spaccato di fatica che mi viene da piangere a pensarci, ma ne è valsa la pena. Avevo tutto da perdere, poteva essere un gigantesco flop. Ma a me non mi piacciono i calcoli. Sapevo di poter competere ad alto livello, ancora una volta. Mi dicevo: Atene e poi basta. Per sfida, non per la gloria e nemmeno per i soldi. Sono sempre arrivati dopo le prestazioni e i risultati che ho conquistato, mai prima…… ora finalmente ho potuto dire per sempre addio a quel senso di vuoto che mi ha tormentato negli ultimi anni!” 

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