Per molti appassionati, la boxe rappresenta un vero e proprio stile di vita e sono pronti a fare enormi sacrifici pur di poter diventare un giorno dei pugili professionisti. Che tu abbia già cominciato o che tu stia semplicemente decidendo di intraprendere la carriera pugilistica, in questo articolo cercheremo di darvi motivazioni e la giusta carica psicologica per incominciare o continuare con la boxe, descrivendo la storia di un pugile MASSIMO MAGNOLO, forlivese, nato a Bologna il 19 agosto 1964, che ha fatto della boxe una ragione di vita.
Il pugilato è impegno, sacrificio, umiltà, voglia di imparare, costanza e passione. Sono i valori apprezzati da chi frequenta i corsi di pugilistica. Corsa, piegamenti, corda, esercizi a corpo libero sotto la supervisione di un allenatore creano gruppo, una forza in grado di stimolarci all’allenamento più duro anche nei giorni in cui ci sembra di non averne voglia.
- Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa esperienza? Quale è stata la molla?
Massimo: Iniziai nel lontano 1980 con alcuni compagni di scuola della Salesiani, scuola frequentata da giovani a cui lo studio non è gradito.
Una volta iniziata l’attività pugilistica, ti entra nell’anima e diventa uno stile di vita, fatto di rinunce e sacrifici, che tu però non senti, spinto da una passione travolgente, irrefrenabile.
Tutto questo diventa irrinunciabile per te: durissimi allenamenti quotidiani ove perdevo 2 Kg ad allenamento, l’immancabile footing al mattino sotto la pioggia d’inverno e sotto il primo sole d’estate.
- Eri un tipo esuberante o avevi paura di tutto?
Massimo: Ero un tipo mingherlino e timoroso di tutto, mi sentivo indifeso
- Cosa provasti la prima volta che entrasti in palestra, respirare “quell’aria” che effetto ha fatto?
Massimo: La prima volta che entrai all‘EDERA BOXE di Forlì, al ginnasio, mi sentii chiaramente spaesato, il rumore dei colpi al sacco, il pungiball, la pera, le corde che fischiavano mentre passavano sotto i piedi apparentemente appoggiati a terra. L’allenatore mi indicò lo spogliatoio, dove mi cambiai sorpreso nel vedere tutti spogliarsi completamente. Poi dopo varie serate, inizialmente 3 a settimana, che divennero 6 nel giro di pochi mesi, nelle quali oltre alla solita ginnastica a corpo libero, il maestro mi insegnava le basi tecniche, di quella che, nel giro di poco tempo, divenne una ragione di vita.
- Quando ti scattò la molla?
Massimo: La molla mi scattò, quando venni invitato a salire sul ring per fare “i guanti”: il mio sparring partner era un ragazzo “cicciottello” molto più esperto di me, che nonostante la netta supremazia tecnica, non rispettandomi mi colpii facendomi “accusare” i colpi, sensazione alquanto negativa: perdita di lucidità momentaneamente accompagnata a dolore, quando venivo colpito sul naso. Bene questo mi stimolo’ a farla pagare al “ciccio” esperto che mi aveva fatto male. Poi il rapido miglioramento, fino a che, il “ciccio”, stanco di prenderle, decise di smettere di allenarsi con me!
- Quali emozioni hai provato alla tua prima vittoria?
Massimo: Non ricordo bene, dovrebbe essere stato a Pavia, era il primo incontro della mia carriera anno 1983 contro un pugile del posto, tra il pubblico erano presenti quattro o cinque persone a me molto care, venuti con la Fiat 850 di mia mamma, auto vecchissima che rischiò di lasciarli a piedi. Avere regalato loro la mia prima vittoria, al mio primo incontro, mi diede una delle più grandi gioie di tutta la mia vita.
- La tua prima sconfitta cosa ha significato per te?
Massimo: Una grande delusione, considerate che nel 1983, da Gennaio a Dicembre, data della prima sconfitta, feci 11 match vincenti conquistando il titolo di campione regionale e vincendo un torneo regionale. Ricordo benissimo. La finale dei campionati regionali la feci a Bologna alla palestra “Record” al quartiere “Pilastro” contro Silvestri Angelo di Bologna. Battere in finale un pugile nella sua città, mi diede un’enorme soddisfazione.
Torniamo alle sconfitta, come dicevo, arrivo in semifinale ai campionati d’Italia ad Acqui Terme, contro Vincenzo Nardiello, pugile che vinse il campionato e che 2 mesi dopo fu argento agli europei juniores in Austria. Mi crollò il mondo addosso, anche perché avevo promesso a mio padre che nel caso avessi vinto il titolo, sarei tornato a casa in canottiera tricolore (quella che danno ai campioni d’Italia) ed era DICEMBRE. Chiaramente la canottiera era una motivazione marginale, ma io ci credevo e perdere, per me, fu uno smacco difficile da dimenticare.
- Che rapporto avevi con il peso da raggiungere nella categoria e con la dieta?
Massimo: Addebitai la colpa della sconfitta anche a questo, infatti alimentandomi in maniera “ristretta” e allenandomi due volte al giorno, tutto coperto, anche con nylon per aumentare la sudorazione, mi trovai a pochi giorni dai campionati d’Italia, in uno stato di superallenamento, cosicché dovetti interrompere quasi completamente gli allenamenti, e il medico sportivo mi prescrisse delle punture di corteccia surrenale e flebo di “zuccheri” per riprendermi. Dunque è sì una vita di sacrifici, alimentari e non, ma per un pugile che crede fortemente nella sua passione tutto questo è assolutamente normale. Gli amici escono, vanno a cena fuori, vanno a ballare ecc. ecc. fanno tardi…. MA TU NO, TU FAI QUELLO IN CUI CREDI E LO FAI SEGUENDO LE REGOLE.
- Cosa ti ha impedito di continuare la tua bella carriera da pugile dilettante? Magari ambendo al professionismo?
Massimo: Un semplice, maledettissimo esito medico della Federazione Pugilistica Italiana, che nel 1987 mi comunicò con una impersonale lettera, che non avevo più l’idoneità per proseguire l’attività agonistica del pugilato. Rabbia e impotenza mi assalirono, Ero deciso a prendere la licenza svizzera, avevo già dei contatti, ma momentaneamente deciso di desistere, per poi tornare alla carica dopo tre anni. Tornai a Roma, mi sottoposi ancora una volta a tutti gli esami, fiducioso che qualcosa fosse cambiato nel frattempo, ma il verdetto fu inesorabile: mi comunicarono che la mia non idoneità all’attività agonistica, era definitiva. Fine della mia carriera.
Siamo orgogliosi di aver narrato la storia di Massimo Magnolo, in quanto rappresenta la storia di molti pugili e sportivi del nostro paese, che per sfortuna, non sono riusciti ad arrivare al professionismo e alle luci della ribalta, nonostante lo meritassero, con una vita dura fatta di sacrifici e rinunce.
Ora grazie al web possiamo dare un pò di luce a questi atleti con la A maiuscola, che hanno gareggiato prima del mondo digitale e che non hanno avuto il ritorno economico, d’immagine e sociale che avrebbero meritato, pertanto meritano un applauso ed un abbraccio dallo staff e dai lettori di ABC Allenamento.
MASSIMO MAGNOLOAll’apice della sua carriera pugilistica |
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