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Arti Marziali Cinesi: stili morbidi e stili duri

Di fronte alla complessità e alla quantità delle arti marziali cinesi, gli occidentali hanno accettato di buon grado che venissero divise e classificate in due scuole principali: la scuola dura, o esterna, e la scuola morbida, o interna.

È questa la classificazione più pratica, la stessa usata dai cinesi, che tuttavia risulta un po’ fuorviante perché suggerisce l’idea di una rigida barriera tra le due scuole. Secondo la mentalità cinese ogni cosa contiene il suo opposto e ad esso tende sempre.

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YIN E YANG

Questo modo di pensare è espresso dai concetti di yin e yang. Nelle arti marziali cinesi d’oggi non esistono tecniche che siano solamente dure. Tutte le tecniche dure comprendono tecniche morbide provenienti da altre discipline, e alcuni tratti di tecnica dura si possono trovare persino nella più morbida delle arti marziali cinesi, il tai chi chuan.

Anche se le tecniche morbide verranno descritte in altri articoli su questo sito è impossibile parlare delle origini delle tecniche dure senza menzionare le morbide. È difficile cogliere la differenza tra l’una e l’altra scuola per chi non sia praticante, per cui cercheremo inizialmente di ricondurla ad alcuni principi fondamentali, tenendo ben in mente, però che stiamo enunciando una suddivisione teorica e non una descrizione pratica.

Prendiamo in esame dapprima le tecniche dure, il cui principio fondamentale è che alla forza s’oppone la forza.

Se una persona ti attacca, esercita una foza contro di te e tu ti scontri, opponendo la tua forza contro chi ti attacca. Quest’impostazione è alla base di tutti i sistemi che impiegano armi, anche di quelli che utilizzano armi a proiettile.

Nel combattimento senz’armi, questa forza risulta dalla proiezione dell’intero corpo o di una parte di esso, come le braccia o le gambe, contro l’avversario. Colpi di ogni genere gli piovono addosso; pugni, colpi a mano aperta, di gomito, di spalla, di ginocchio e di piede.

I movimenti di contrattacco sono spesso preceduti da parate, che arrestano o deviano i colpi in arrivo, alle quali fanno seguito rapidi colpi di rimessa. Questo approccio al combattimento senza armi è molto diretto e costituisce l’origine della serie di tecniche che sono alla base di molti sistemi di combattimento asiatici.

Nel corso degli anni, i maestri hanno scoperto che queste tecniche risultano più efficaci quando la forza viene indirizzata in linea retta. Di conseguenza i colpi coi pugni e coi piedi vengono inferti contraendo il braccio o la gamba, mantenendoli contratti  e quindi proiettandoli in linea retta contro l’obiettivo.

Assecondando l’impeto dell’arto che ha sferrato l’attacco con tutto il corpo, si ottiene una forza supplementare: proprio per questo agli studenti d’arti dure s’insegna a muoversi e a colpire in linea retta.

L’arte indiana del Kalaripayit utilizza molti colpi di questo genere e lo stesso vale per il karate, la thai boxe, il tae kwon do coreano, viet vo dao e le arti dure cinesi del kung fu e molte altre tecniche dell’Indocina e del Sud-est Asiatico.

Nelle arti morbide invece, il principio fondamentale non consiste nel produrre una forza d’attacco, ma nel volgere a danno dell’avversario quella forza che egli stesso ha prodotto.

Il praticante d’arti morbide non si prefigge di bloccare l’attacco, ma addirittura di accentuarne l’intensità e di assecondarlo.

Per chiarire questo punto facciamo un esempio…

L’avversario sferra un attacco contro il praticante, gli salta addosso, dà un pugno e manda un urlo agghiacciante. Chi è in difesa si sposta abilmente da un lato, afferra l’avambraccio dell’attaccante e lo tira nella direzione del pugno. L’avversario, a questo punto, è sbilanciato e il praticante, eseguendo una leva con la mano o con il braccio, può facilmente atterrarlo.

I maestri d’arti marziali morbide hanno scoperto, attraverso la pratica, che si ottiene maggior efficacia attraverso movimenti degli arti e di tutto il corpo continui e rotondi. Hanno insegnato agli allievi a tenere le spalle in avanti, abbassate, e le gambe lievemente piegate. Le braccia non vengono distese compeltamente, ma fanno nell’aria dei movimenti ad arco, i gomiti sono rilassati, non piegati. La circolarità è dunque la caratteristica fondamentale delle arti morbide.
Nel Kalaripayit molte tecniche di proiezione e di leva sono di stile morbido e così pure nelle arti cinesi dello xin-yi, del Pa-kua, del Wing Chun e del Tai chi chuan, e in quelle giapponesi del Judo e dell’Aikido. Anche alcune tecniche avanzate del Karate e parecchie arti della Corea o del Sud-est Asiatico comprendono metodi morbidi di lotta, leva, immobilizzazione e proiezione dell’avversario.

Qualunque sia la “fazione” del tuo stile.

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